Pretore per la Repubblica Elvetica
Oh tiranno signore
De’ miseri mortali,
Oh male, oh persuasore
Orribile di mali:
Bisogno, e che non spezza
Tua indomita fierezza!
Di valli adamantini
Cinge i cor la virtude;
Ma tu gli urti e rovini:
E tutto a te si schiude.
Entri, e i nobili affetti
O strozzi od assoggetti.
Oltre corri, e fremente
Strappi Ragion dal soglio;
E il regno de la mente
Occupi pien d’orgoglio,
E ti poni a sedere
Tiranno del pensiere.
Con le folgori in mano
La legge alto minaccia;
Ma il periglio lontano
Non scolora la faccia
Di chi senza soccorso
Ha il tuo peso sul dorso.
Al misero mortale
Ogni lume s’ammorza:
Vèr la scesa del male
Tu lo strascini a forza:
Ei di sé stesso in bando
Va giú precipitando.
Ahi l’infelice allora
I comun patti rompe;
Ogni confine ignora;
Ne’ beni altrui prorompe;
Mangia i rapiti pani
Con sanguinose mani.
Ma quali odo lamenti
E stridor di catene;
E ingegnosi stromenti
Veggo d’atroci pene
Là per quegli antri oscuri
Cinti d’orridi muri?
Colà Temide armata
Tien giudizi funesti
Su la turba affannata
Che tu persuadesti
A romper gli altrui dritti,
O padre di delitti.
Meco vieni al cospetto
Del nume che vi siede.
No, non avrà dispetto
Che tu v’innoltri il piede.
Da lui con lieto volto
Anco il Bisogno è accolto.
O ministri di Temi,
Le spade sospendete:
Dai pulpiti supremi
Qua l’orecchio volgete.
Chi è che pietà niega
Al Bisogno che prega?
«Perdon», dic’ei, «perdono
Ai miseri cruciati.
Io son l’autore io sono
De’ lor primi peccati.
Sia contro a me diretta
La pubblica vendetta».
Ma quale a tai parole
Giudice si commove?
Qual dell’umana prole
A pietade si move?
Tu, Wirtz, uom saggio e giusto,
Ne dai l’esempio augusto:
Tu cui sí spesso vinse
Dolor degl’infelici
Che il Bisogno sospinse
A por le rapitrici
Mani nell’altrui parte
O per forza o per arte:
E il carcere temuto
Lor lieto spalancasti;
E, dando oro ed aiuto,
Generoso insegnasti
Come senza le pene
Il fallo si previene.
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