Forse perché della fatal quIete
tu sei l’immago, a me si cara vieni,
o Sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zeffiri sereni,
e quando dal nevoso aere inquiete
tenebre e lunghe all’universo meni,
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e va con lui le torme
delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
quello spirto guerrier ch’entro mi rugge
tu sei l’immago, a me si cara vieni,
o Sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zeffiri sereni,
e quando dal nevoso aere inquiete
tenebre e lunghe all’universo meni,
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e va con lui le torme
delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
quello spirto guerrier ch’entro mi rugge
Scopri o riscopri l’autore
La sera giunge attesa e cara al poeta, che in essa coglie una quiete simile alla morte, nella quale l’animo indomito e fremente trova infine riposo. Lo sfinimento, il dolore, la delusione, tutto di dissolve nel nulla tranquillo al quale il destino conduce ogni uomo.
La profonda affinità fra la sera e la morte si dispiega lungo un susseguirsi di immagini e riflessioni liberate in un sonetto dalla metrica e dalla musicalità straordinarie nonostante l’impianto squisitamente classico.
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