O tu, cui dolce imperio
Su i cor natura diede,
Bionda beltà, cui servono
Tenero Amore e Fede,
De’ versi miei spontanei
Accetta ingenuo dono,
Se a te i miei versi piacciono
Anch’io poeta or sono.
D’un tuo sorriso roseo
Irraggia i canti miei,
Che i tuoi sorrisi beano
Fin su l’Olimpo i Dei.
Tu di leggiadra vergine
Splendi negli occhi vaghi,
Donde con dardi amabili
Soavemente impiaghi;
E tu sul labbro armonico,
O Dea, vi stai scolpita,
Che mentre accenti modula
A sospirare invita.
Ancelle tue ti sieguono
Le linde Grazie, e stanno
Tutte su un braccio latteo
Con cui tu tessi inganno:
Inganno tessi; e all’anima
D’un giovanetto amante
Rendi più dolce e tenero
Il vezzo più incostante.
Ma, o bionda Dea, se furono
A te miei spirti avvinti,
Se i miei versi cantarono
Da’ tuoi color dipinti;
Pietà d’un Vate: al misero
Gli arde fanciulla il seno;
Fa’ ch’ella sia più stabile,
O men vezzosa almeno.
Vola ne’ dì purpurei
Il garzoncel di Flora;
Vieni, ella dice, o Zefiro,
In braccio a chi t’adora;
Vieni… Ma sordo e celere
Ei fugge, e non l’ascolta;
Quando a lui piace è libero,
E la catena ha sciolta.
Ahi che pur scioglie il laccio
Questa tirannà mia;
Ama: ma impune fuggesi
D’amor s’ella il desia.
Lasso! ch’io pur desidero
Fuggir da’ lacci suoi,
Ma tu, beltade amabile,
Tu consentir non vuoi.
Su i cor natura diede,
Bionda beltà, cui servono
Tenero Amore e Fede,
De’ versi miei spontanei
Accetta ingenuo dono,
Se a te i miei versi piacciono
Anch’io poeta or sono.
D’un tuo sorriso roseo
Irraggia i canti miei,
Che i tuoi sorrisi beano
Fin su l’Olimpo i Dei.
Tu di leggiadra vergine
Splendi negli occhi vaghi,
Donde con dardi amabili
Soavemente impiaghi;
E tu sul labbro armonico,
O Dea, vi stai scolpita,
Che mentre accenti modula
A sospirare invita.
Ancelle tue ti sieguono
Le linde Grazie, e stanno
Tutte su un braccio latteo
Con cui tu tessi inganno:
Inganno tessi; e all’anima
D’un giovanetto amante
Rendi più dolce e tenero
Il vezzo più incostante.
Ma, o bionda Dea, se furono
A te miei spirti avvinti,
Se i miei versi cantarono
Da’ tuoi color dipinti;
Pietà d’un Vate: al misero
Gli arde fanciulla il seno;
Fa’ ch’ella sia più stabile,
O men vezzosa almeno.
Vola ne’ dì purpurei
Il garzoncel di Flora;
Vieni, ella dice, o Zefiro,
In braccio a chi t’adora;
Vieni… Ma sordo e celere
Ei fugge, e non l’ascolta;
Quando a lui piace è libero,
E la catena ha sciolta.
Ahi che pur scioglie il laccio
Questa tirannà mia;
Ama: ma impune fuggesi
D’amor s’ella il desia.
Lasso! ch’io pur desidero
Fuggir da’ lacci suoi,
Ma tu, beltade amabile,
Tu consentir non vuoi.
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